
L'ex presidente ceco Vàclav Havel, simbolo di una parte d'Europa la cui riunificazione politica al resto del continente rappresenta l'esito di un lungo processo di autodeterminazione
In occasione della seduta plenaria che ancora oggi si sta svolgendo in Parlamento Europeo, l’ Ex presidente della Repubblica Ceca ha insistito perchè l’Unione Europea non ponga gli interessi quotidiani della politica al di sopra della necessità di libertà dei suoi vicini e dei suoi interlocutori.
Vàclav Havel più che un nome ed una persona, per la maggior parte degli europei che ne conoscono la storia, è un simbolo della lunga marcia dei diritti e della libertà nella parte d’Europa (l’Est) che ne era priva. Il presidente del Parlamento Europeo, Jerzy Buzek, ha presentato lo scrittore e drammaturgo, che è stato presidente dal 1993 al 2003 dopo la caduta del regime che aveva combattuto, come un elemento che ha unificato tutte le persone normali che si erano opposte ai regimi.
Havel ha ricordato come l’esito della transizione dal totalitarismo alla democrazia sia stato qualcosa che non era scontato, perchè i nazionalismi avrebbero potuto prendere il sopravvento. Anche per questo l’Ex presidente ceco ha invitato il Parlamento Europeo a non permettere che l’Unione diventi un soggetto disposto a trattare con la negazione della dignità umana, ma raccolga le esigenze di quanti si sforzano di portare avanti i diritti in Birmania, Iran e Bielorussia ed in molti altri paesi.
“L’Europa è la patria delle nostre patrie – ha dichiarato Vàclav Havel – mi sento europeo senza rinunciare alla mia identità”. Tutto il discorso dell’ex dissidente si è concentrato sulla necessità di andare al di là della politica economica e proseguire nella promozione delle caratteristiche della cultura europea, sia di quelle nate dalle religioni che hanno partecipato alla costruzione del senso comune nel continente che di quelle radicate a partire dall’illuminismo.
Si potrebbe aggiungere che occorre prestare molta attenzione anche al contatto tra economia e ideali, perchè se è vero, come riportava la stampa internazionale ieri, che in Bulgaria metà della popolazione esprime nostalgia per i tempi andati ciò non deve indurre a giustificare regimi brutali e sistemi inefficienti ma portare alla luce la necessità di assicurare anche i diritti sociali e la cooperazione che serve alla coesione anche nei paesi che hanno fatto parte della sfera di influenza sovietica. Il tentativo di superare il passato attraverso eccessi liberisti ha dimostrato i suoi drammatici limiti, emersi con le diverse tensioni anche militari nei Balcani prima ed il preoccupante exploit delle estreme destre nelle ultime elezioni europee.
Però è vero che il modello europeo in quanto tale è un episodio unico di integrazione che può sopravvivere alla celebrazione sterile delle proprie forme istituzionali soltanto se trova nuovi modo per essere fonte di ispirazione per il resto del mondo, dando risposte ai bisogni di libertà delle aree del pianeta che sono in relazione con noi e qui il politico ceco ha toccato un nervo fondamentale, quando ha detto che è il Parlamento Europeo a poter spronare questo processo, essendo l’unico organo eletto, ed a questo proposito sarebbe auspicabile un maggiore dibattito proprio sulla democratizzazione delle strutture e delle politiche europee e sulla necessità che la gente trovi la direzione per imprimere all’Unione Europea la propria agenda politica.
Aldo Ciummo
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