
l'UK contribuisce al rafforzamento dei legami culturali ed economici tra la propria area storica e la UE
Cameron, favorito alle elezioni, ha fatto capire che non userà il referendum come strumento per frenare il Trattato UE .
Chi pensa che le riserve nutrite da alcune fasce di popolazione verso la situazione istituzionale europea nascondano euroscetticismo e che per questo il ruolo di un paese come il Regno Unito debba essere marginale all’interno dell’unione probabilmente non ricorda che quando nel 1973 gli inglesi entrarono nella Comunità questo significò per noi europei diventare la prima potenza commerciale, portando a completamento un capovolgimento mondiale dei rapporti di forza economici e una crescita civile e sociale iniziati con la ricostruzione nel dopoguerra e successivamente con la creazione della CECA dal 1950 e poi nel 1957 del mercato comune, la CEE, e dell’Euratom.
David Cameron, voce del partito conservatore, che plausibilmente formerà il prossimo governo, nella conferenza dei Tories a Manchester sabato scorso ha di fatto escluso la possibilità di indire un referendum se il Trattato sarà già stato sancito dagli altri stati (eventualità più che probabile dopo il sì irlandese), vanificando le pressioni dell’ala contraria all’integrazione europea e ridando slancio alla parte pro-europea del partito, che nel suo complesso ha vissuto molte fasi favorevoli all’Unione Europea (anche più dei Laburisti, ad esempio nel dopoguerra e all’inizio degli anni settanta).
I promotori di un referendum mirato revisionare il Trattato (tra i quali il sindaco di Londra Boris Johnson) resteranno naturalmente in assetto propagandistico e premeranno sui vertici dei Tories per rallentare l’avanzamento istituzionale previsto. Richard Sheperd e Daniel Hannan dicono che la consultazione è vitale ed alla loro posizione si è adeguato il ministro-ombra per gli Esteri William Hague, ma altri esperti esponenti dei Conservatori come Leon Brittan, che è stato ministro degli Interni durante la prima metà degli anni ’80, affermano a chiare lettere che per il Regno Unito sarebbe un errore abbandonare le linee di politica estera che hanno permesso all’isola di dare all’Unione Europea uno dei contributi più significativi alla sua crescita economica e civile.
E’ vero che le tendenze alla diffidenza verso le istituzioni della UE sono fortemente rappresentate, anche in termini numerici, tra i deputati tories, ma autorevoli rappresentanti e tecnici dello stesso gruppo sono di avviso diverso. Anche se lo stesso David Cameron è stato sostenuto nella sua ascesa nel partito proprio da politici contrari al Trattato come Sheperd e Hannan, tanto che talvolta il candidato premier ha frenato le correnti più favorevoli all’Unione Europea come quella rappresentata dal ministro-ombra per l’Economia, Kenneth Clarke, ad oggi risulta abbastanza chiaro che Cameron non aprirà un confronto sterile con Bruxelles, ma negozierà le legittime istanze del suo paese nel quadro di un avanzamento dell’architettura istituzionale europea, qualora eletto primo ministro.
Kenneth Clarke e Greg Clark che è il rappresentante dei Tories per l’Energia rappresentano d’altronde la parte dei conservatori più vicina allo sforzo di rinnovamento elaborato da David Cameron e si trovano maggiormente in sintonia con la società attuale se è vero (come quasi tutti i sondaggi indicano) che il gradimento riscosso dalla “nuova” leadership è molto più esteso di quello raccolto dal “vecchio” partito, ormai da dodici anni all’opposizione.
Aldo Ciummo
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