Una persona che amava stare con i suoi studenti, in classe e anche al bar.
Simone Di Stefano/Skapegoat
A volte è meglio non aprire la mail se quel che contiene il messaggio da parte di un’amica è la notizia della scomparsa di una persona cara. Il professor Claudio Marta non era un parente e neanche un amico, ma per il sottoscritto ha rappresentato una persona piena di bravura e appassionata in quel che raccontava e cercava di spiegare ai suoi allievi. Il mio ricordo va soprattutto al ciclo di lezioni che il professore ha tenuto presso la scuola di giornalismo della Fondazione “Lelio Basso”, in cui si è rivelato oltremisura per la umana persona quale era, ponendosi in quello spazio che va tra gli allievi e il maestro, quella zona liminale che di rado è assunta da chi ha il potere della cattedra dalla sua parte. Tanto vicino a noi che al bar si lasciavano da una parte Levi-Strauss e Malinowski, per parlare il gergo popolare pallonaro. Lui stesso ammise che parlare di Roma e Lazio durante una pausa non vale meno che parlare di Levi-Bruhl, «anche il calcio è antropologia».
Il suo interesse spropositato per la cultura dei rom ha fatto cessare in me tanti di quei luoghi comuni sui “zingari” («Non si chiamano zingari – diceva – ma rom o sinti»), che di questo non cesserò mai di essergliene grato. Tutt’oggi se penso a un rom, quando leggo sui rom, quando litigo per i rom (e la loro libertà) prima vedo la faccia del prof. Marta e poi focalizzo cosa ho di fronte. Potrebbe sembrare un memoriale esagerato, quasi un elogio, e se fosse così è perché evidentemente se lo merita. L’unico dispiacere che ho è di non essere riuscito a pubblicare una sua intervista, che lui faceva con meticolosità, tanta quanta ce ne metteva per rileggere puntigliosamente il testo redatto e correggere qualche imperfezione che del giornalista, profano in materia, può essere tipica.
Tra le sue esperienze, oltre ad aver insegnato all’Università Orientale di Napoli, un viaggio da accompagnatore dell’esodo di una comunità di rom dall’Italia in Svezia. Dopo aver seguito l’evolversi del processo di integrazione di questa comunità, il prof. Marta ne ha tratto un libro di notevole interesse (“Relazioni interetniche”, ed. Guida), in cui è raccontata la sua esperienza e tante altre storie di integrazione in chiave antropologica. Da Skapegoat (e da tutti gli studenti della Scuola di giornalismo) un saluto grande a una grande persona e le scuse per la non tempestività nel dare la notizia, purtoppo appresa solo di recente.
Simone Di Stefano/Skapegoat
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