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INTERNAZIONALE|Malesia, un premio al progresso. A prescindere

Appena conclusa la seconda edizione del Merdeka che celebra l’indipendenza della Malesia e premia i migliori studi scientifici. Peccato il coinvolgimento delle multinazionali straniere che nel Borneo continuano a farla da padrone

di Simone Di Stefano/SG

Un paese, una storia. La Malesia è tuttora uno di quei crogiuoli di cultura cui nessun traguardo sembra precluso. Tante le religioni e tante le etnie che vanno a comporre questo pittoresco disegno formato da tante monarchie costituzionali quanti sono gli stati federati che lo vanno a comporre (13 più altri tre aggiunti successivamente). Due sponde, orientale e occidentale, che si guardano all’interno del Borneo. Un mix di culture e religioni che nonostante il complesso ordinamento politico e istituzionale ne garantisce la tenuta democratica, rappresentano una grande sfida per la loro integrazione.

La festa del Merdeka, che in malese significa «indipendenza» (dalle potenze coloniali britanniche e olandesi), è quella che per noi è la festa della Repubblica del 2 giugno, o per gli americani il 4 luglio. Simbolo di coesione sociale e di attaccamento ai valori condivisi il Merdeka vede ogni 31 agosto sfilare per le vie di Kuala Lumpur, fino a confluire nella piazza dell’indipendenza, Dataran Merdeka, le parate dei militari.

Lungo i viali transennati folle di famiglie sventolano la “Jalur Gemilang”, la bandiera della Malesia. In tanti piangono, secondo la tradizione voluta dal Primo Ministro, Tunku Abdul Rahman, che dichiarò l’indipendenza il 31 agosto del 1957. Esattamente cinquant’anni dopo, il 31 agosto 2007, per commemorare il cinquantesimo anniversario dell’indipendenza, veniva istituito il Premio Merdeka, di cui vengono insigniti personaggi pubblici che rappresentano gli alti valori della nazione, rendendo questo premio una sorta di Nobel al patriottismo malese, oltre che alla bravura e all’operosità scientifica.

Lo scorso lunedì si sono concluse le nomination e sono stati resi noti i vincitori del premio di quest’anno. Il professor Ungku Abdul Aziz Abdul Hamid, della Reale Malaya University è stato premiato con la motivazione di aver sensibilizzato la gente circa i problemi relativi alla deforestazione, a fiumi, campi e colline devastati in nome del progresso. Nell’ambito della salute il premio è stato assegnato al Prof. Datuk Khalid Kadir, assieme al Nipah Encephalite Team della Malaya University, per il loro lavoro sul diabete e sul rapporto tra ormoni e stress. Tra i vincitori del premio, quest’anno compare anche il nome di uno straniero, Datuk Leslie Davidson, che ha condotto uno studio sull’impollinazione di olio di palma attraverso curculioni, della famiglia dei coleotteri. Ad ognuno dei vincitori è stato assegnato un premio del valore di 500.000 Ringgit malesi (poco più di 100.000 euro).

«Speriamo che si dia maggiore attenzione alla serata di premiazione, perché questo è un evento che dovrebbe aiutare la coesione sociale della Malesia e la visibilità del nostro paese», dice il quotidiano malese The Sun. «Affinché – continua nell’editoriale pubblicato giovedì scorso – questo premio diventi sempre più di carattere internazionale, proiettando la Malesia, e le persone che fanno il bene della Malesia e dei malesi, sulla scena mondiale».

C’è però anche il lato oscuro della medaglia. Il premio Merdeka in parte è finanziato dai fondi delle multinazionali, come Exxon Mobil, Petronas, Shell, che hanno tutto l’interesse ad ammorbidire l’opinione pubblica e coprire le loro malefatte in termini di inquinamento e sfruttamento del territorio. Questo lo fanno attraverso intese traverse con i governi oppure attraverso sponsorizzazioni come quella del Merdeka.

E’ soprattutto grazie agli stanziamenti delle multinazionali straniere se oggi l’economia della Malesia  e di tutto il Borneo, viaggia a gonfie vele. Infatti da tempo ormai la Malesia ha trasferito il suo nome da paese del terzo mondo a paese tra i più avanzati, grazie al commercio (sono i primi esportatori di Caucciù al mondo, oltre che di stagno) e alla vendita di materie prime all’estero, che da un lato ha fatto lievitare il suo Pil e dall’altro ha stimolato investimenti di ricche multinazionali, che nell’ardipelago la fanno ormai da padrone. E le previsioni per il prossimo anno, nonostante il rallentare dell’intera economia globale, parlano ancora di un incremento del 5,5 percento che lascia letteralmente a bocca aperta le moderne economie occidentali.

di Simone Di Stefano/SG

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