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EDITORIA|Semper serà a la vida, ma nos secure niente di best

Perché le grandi inchieste trovano sempre meno spazio sui quotidiani?Quanto agli Usa, il vento soffia a Oriente

Simone Di Stefano/SG

 

Siamo agli antipodi del mondo se il nostro mondo è ancora fatto di carta, cartelle semi pagate e righi di inchiostro tossico che in pochi ancora leggono. Girando per la programmazione televisiva notturna mi sono imbattuto, ieri sera, in un tavolo di conversazione con, fra gli altri, un bel Bruno Vespa che presentava il suo ultimo libro, che non voglio citare perché sicuramente qualche altro media – pagato profumatamente per pubblicizzarlo – fra tre secondi ve lo avrà già detto e tre secondi dopo ve lo avrà ricordato (se invece non siete usi leggere giornali, guardare la tv o andare su internet, beh, allora siete fuori dal mondo e quindi non vi serve nemmeno sapere il titolo dell’ultimo libro di Vespa).

Un altro giornalista dunque che pubblica una sua inchiesta non su un giornale (anche se recentemente ho letto Vespa anche su Panorama, ma era meglio che facevo finta di niente…). Perché le grandi inchieste trovano sempre meno spazio sui quotidiani? Semplice: i giornalisti sono sempre più portati ad esemplificare i risultati delle loro ricerche scrivendo libri.

Certo per chi è in polemica con la poligrafia sarà una bella botta al cuore, ma effettivamente quello che si sta accennando in questi ultimi anni di crisi dell’editoria è che i capo redazione, (capo servizio, in gergo) chiedono sempre più spesso un’inchiesta più lunga ma che poi possa diventare un best seller da poter vendere in libreria alla stregua di Saviano. Lo fanno anche i nuovi editori, che non si accontentano più della raccolta di pezzi che diventa un libro, ma vogliono quasi il romanzo di quella che per loro era la verità.

Sapete che non c’è niente di peggio che chiedere a comando un prodotto intellettuale. Così però succede in molti campi dell’arte, nella musica, nel cinema, ecc. E d’altronde già nel «Codice Da Vinci», di Ron Howard, avevamo visto gli effimeri effetti che genera un romanzo quando pretende di essere cronaca.

Ultime notizie: negli Usa ormai non sorprende più nulla e con la scusa della crisi anche le testate si regolano di conseguenza. Il quotidiano Pasadena Now ha pensato bene di fare quello che da anni perpetrano le aziende multinazionali occidentali, esternalizzare non solo i dipendenti ma l’intero processo produttivo. E così i dipendenti, quindi la redazione, sono stati tutti licenziati in tronco e il quotidiano da un po’ di tempo viene realizzato in outsourcing a Mysore, in India.

Saranno contenti gli indiani che così avranno più possibilità di lavorare, ma pensate che perversione: quanto potrà essere attendibile e quanto filtrato un fatto che si svolge a migliaia di chilometri di distanza, confezionato e prodotto dall’altra parte del globo e che arriva la mattina con il primo volo postale per presentarsi come nulla fosse davanti ai giardinetti ordinati e ignari dei lettori d’oltreoceano? Un fatto che è accaduto a pochi metri da casa magari…

Simone Di Stefano/SG

APPROFONDIMENTI|Le notizie? Oggi ve le fate da soli

La crisi dell’editoria si sposa con il disuso del giornale quale mezzo d’informazione. Ma quanto costa questa crisi a chi si affaccia ora in questo mestiere?

Oggi sono entrato in edicola. E fin qui tutto bene. Oggi sono entrato in edicola e non ho comprato né La Repubblica, né il Corriere della Sera. Oggi al giornalaio ho chiesto l’Europa. «Europa»? Mi ha risposto sgomento e quasi incredulo. «Europa, si» ho risposto io allo stesso modo incredulo innanzi alla beffarda incredulità di un commerciante che mi sembrava più guardarmi con l’aria di chi vuol prendere in giro qualcuno, anziché limitarsi a fare il suo compitino e vendermi quelle striminzite dieci pagine di quotidiano.

Poi ho compreso che quello era solo il suo modo di fare e non prendeva in giro me ma l’intero sistema giornalistico italiano. «Ah che uomo fortunato che sono. Sono riuscito a vendere anche una copia de l’Europa», disse il giornalaio. «Ma perché non ne vendete mai?», gli ho chiesto curioso. «Una ogni tanto perché c’è un signore che ha il figlio che ci scrive su». Capito.

Mentre allegavo questa leggerissima copia di Europa al braccio e defluivo dall’edicola ho pensato che non c’è cosa che mi fa stare meglio dell’acquistare un giornale che nessuno legge. E questo per diversi motivi, basterà descriverne un paio. Il primo è che su un quotidiano in crisi ci scrivo anche io e a mio modo, da giornalista precario, da collaboratore sempre in equilibrio sul sottile filo dell’oblio, dell’esser messi da parte, capisco benissimo cosa significa lavorare in una redazione a rischio contingentamento.

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SPORT|Se Mènez vuole il Bordeaux…La Roma gioca per l’Europa

Notte potenzialmente magica per la Roma di Spalletti che vuole chiudere al primo posto. Contro l’undici del mitico Blanc potrebbe essere il momento del giovane talento francese

Se Mènez vuole il Bordeaux...

Se Mènez vuole il Bordeaux...

di Simone Di Stefano/L’Unità – 09/12/2008

INTERNAZIONALE|Malesia, un premio al progresso. A prescindere

Appena conclusa la seconda edizione del Merdeka che celebra l’indipendenza della Malesia e premia i migliori studi scientifici. Peccato il coinvolgimento delle multinazionali straniere che nel Borneo continuano a farla da padrone

di Simone Di Stefano/SG

Un paese, una storia. La Malesia è tuttora uno di quei crogiuoli di cultura cui nessun traguardo sembra precluso. Tante le religioni e tante le etnie che vanno a comporre questo pittoresco disegno formato da tante monarchie costituzionali quanti sono gli stati federati che lo vanno a comporre (13 più altri tre aggiunti successivamente). Due sponde, orientale e occidentale, che si guardano all’interno del Borneo. Un mix di culture e religioni che nonostante il complesso ordinamento politico e istituzionale ne garantisce la tenuta democratica, rappresentano una grande sfida per la loro integrazione.

La festa del Merdeka, che in malese significa «indipendenza» (dalle potenze coloniali britanniche e olandesi), è quella che per noi è la festa della Repubblica del 2 giugno, o per gli americani il 4 luglio. Simbolo di coesione sociale e di attaccamento ai valori condivisi il Merdeka vede ogni 31 agosto sfilare per le vie di Kuala Lumpur, fino a confluire nella piazza dell’indipendenza, Dataran Merdeka, le parate dei militari.

Lungo i viali transennati folle di famiglie sventolano la “Jalur Gemilang”, la bandiera della Malesia. In tanti piangono, secondo la tradizione voluta dal Primo Ministro, Tunku Abdul Rahman, che dichiarò l’indipendenza il 31 agosto del 1957. Esattamente cinquant’anni dopo, il 31 agosto 2007, per commemorare il cinquantesimo anniversario dell’indipendenza, veniva istituito il Premio Merdeka, di cui vengono insigniti personaggi pubblici che rappresentano gli alti valori della nazione, rendendo questo premio una sorta di Nobel al patriottismo malese, oltre che alla bravura e all’operosità scientifica.

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