Aumenta il partito dei favorevoli al ritorno di Air France e avanza l’ipotesi della Lufthansa. Il tempo stringe e oggi si va in tribunale per l’insolvenza delle società commissariate
di Simone Di Stefano
Un altro giorno buttato tra manifestazioni e mediazioni rumorose ma poco fruttifere. Alitalia rischia di soccombere dietro la spinta della cordata Cai che vorrebbe esuberi e contratti flessibili in base alle esigenze della nuova compagnia, dei piloti che non vedono di buon grado che si metta mano sui loro contratti e i sindacati che invece rifiutano più o meno in toto le possibilità di svolta italiane, guardando oltre le alpi per un eventuale salvataggio. Uno stallo che rischia di portare sul baratro la compagnia di bandiera italiana e di rendere vano l’ultimo sforzo che il governo aveva concesso ad Alitalia attraverso lo stanziamento straordinario di 300 milioni di euro, uno degli ultimi provvedimenti firmato dalla penna dell’allora presidente del Consiglio, Romano Prodi.
Intanto per oggi è attesa la prima udienza in tribunale per la decisione dello stato di insolvenza della compagnia e le sue società commissariate.
Nel frattempo si è rifatta attuale la pista che potrebbe fare atterrare la malata d’Italia in un porto più sicuro di quello garantito dalla Compagnia aerea italiana (Cai), ovvero il ritorno di fiamma del salvataggio straniero. Air France e Lufthansa su tutte, anche se non mancano strani intrecci e poco chiare partecipazioni. Ieri il governo ha tentato una mediazione con i sindacati che hanno di fatto detto no al cosidetto piano Fenice. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, ha convocato a palazzo Chigi presidente e amministratore delegato della Cai, Roberto Colaninno e Rocco Sabelli, mantenendo contemporaneamente i contatti con tutti gli altri attori della partita, in particolare il leader della Cgil Guglielmo Epifani e i piloti, attraverso il ministro del Welfare Maurizio Sacconi e il commissario straordinario di Alitalia, Augusto Fantozzi.
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