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SPORT|Piepoli in procura esce dalla scia di Riccò: «Nego tutto»

DOPING Il ciclista pugliese sentito come persona informata dei fatti dal procuratore Torri: dietrofront dopo le voci di una sua ammissione di colpa

Riccò, Piepoli, Saunier-Duval. Un puzzle in cui si aggiunge un tassello e se ne perdono due. Dopo il mercoledì da leone di Riccò, quello di ieri era senza dubbio il giorno in cui si attendevano risposte concrete dal 37enne ex Trullo Volante, Leonardo Piepoli. Atteso anch’esso a deporre, accompagnato dal proprio avvocato, Giuseppe Di Carlo, dinnanzi al procuratore antidoping del Coni, Ettore Torri.

Stesso luogo – lo stadio Olimpico di Roma – in cui, 24 ore prima, il suo ex compagno di squadra, Riccardo Riccò, aveva dichiarato di essersi dopato allo scorso Tour de France. Una verità incontrovertibile, limpida, con cui gettare la faccia in pasto al pubblico. 

Chi tuttavia sperava in una seconda eclatante mattinata di ammissioni si è presto scontrato con il silenzio e i «no», secchi, che il corridore pugliese ha spiattellato in faccia al procuratore Torri. «Sono stato interrogato solo come testimone – si è giustificato Piepoli, a margine di un interrogatorio durato circa quaranta minuti – ho detto quello che dovevo dire, niente di più, niente di meno». Troppo poco però da non accontentare affatto Ettore Torri, rimasto, anzi, decisamente deluso dalla scarsa vena collaborativa del pugliese: «Non ha detto nulla di importante relativamente all’istruttoria – ha lamentato Torri – Ha negato tutto». Sebbene poi lo stesso procuratore abbia precisato che il ciclista è stato sentito esclusivamente come «un testimone, non è indagato, non è positivo, l’abbiamo sentito come persona informata dei fatti». E prosegue la querelle.

Di certo c’è al momento la sospensione in via cautelare di Riccardo Riccò, convalidata ieri dal Tribunale nazionale antidoping. Ma restano le ombre su alcuni comportamenti che il team avrebbe tenuto alla Grande Boucle e che risulterebbero legati a doppio filo: il licenziamento di Piepoli e il doping di Riccò. Il corridore pugliese infatti è stato licenziato assieme a Riccò, non per una presunta positività, ma per «violazione del codice etico della squadra». E di questo Piepoli ha ammesso di averne parlato con il procuratore. Uno degli aspetti più controversi della vicenda questo allorché, poco dopo la positività di Riccò, il ciclista avrebbe anche ammesso sul pullman della Saunier-Duval: «Ho fatto lo stesso errore di Riccardo».

Due casi di doping accorsi all’interno di uno stesso team, per la legge equivalgono al doping di squadra. Un macigno, quindi, per la Saunier Duval che potrebbe aver fatto pressioni sul ciclista modenese per ottenere la sua confessione, ammettendo le proprie responsabilità, in modo da scongiurare una pesante sanzione per il team di Giannetti, non solo al Tour. In questo senso, le ammissioni di colpa del «furetto» emiliano assumerebbero decisamente il carattere del «sacrificio», oltre che una sincera presa di coscienza.

Solo ipotesi ovviamente, ma che lasciano intuire anche al più ingenuo degli appassionati in quali acque melmose ancora ristagni il ciclismo nostrano. Oltre ai fatti già noti, c’è la cronaca di ieri, che ha segnato altre due squalifiche a ciclisti professionisti, Paolo Bossoni e Giovanni Carini. Il primo è stato subito sospeso dalla sua squadra, la Lampre, a seguito della sua positività al doping, riscontrata al campionato italiano in linea dello scorso 29 giugno. La Lampre ha fatto sapere che il ciclista ancora non sa se chiedere le controanalisi. Casi questi che si vanno ad aggiungere a quelli ancor più dolenti di Riccò e Piepoli.

E poi l’azzurra Marta Bastianelli, già con le valigie per Pechino, disfatte a causa di una presunta dieta «galeotta». Dal Cio fanno sapere che ai prossimi giochi verranno messi in atto 4.500 test antidoping (il 25% in più rispetto ad Atene 2004), inclusi 1.300 controlli fuori competizione e 800 controlli sul sangue. Un campanello d’allarme per quanti intendano recarsi in Cina con l’intenzione di barare. «Il gatto sta aspettando che il topo esca dalla sua tana» ha affermato il direttore della sezione medica e scientifica del Cio, Patrick Schamasch. Speriamo che stavolta il topo non sia azzurro.

Simone Di Stefano – Pubblicato su L’Unità del 01-08-2008

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