Meno atleti (347), il 39% sono donne. Il Coni: «Ripetere Atene e Sydney»
Vanessa Ferrari
LA DELEGAZIONE Quattro anni di dura preparazione per prender parte alla lista. Quella presentata ieri, dalla Giunta Nazionale del Coni con i nomi dei 347 atleti azzurri che rappresenteranno il tricolore alle prossime olimpiadi di Pechino. Di questi ben 135 saranno donne, il 39%. Compresi nella lista anche due atleti la cui presenza è ancora incerta: la triatleta Nadia Cortassa rischia di non partire a causa di una idoneità temporaneamente sospesa, mentre l’altro caso sub-judice riguarda il nuotatore Federico Turrini, sulla cui testa pende un giudizio presso il Tas di Losanna su una non negatività al nandrolone.
Meno quantità, più qualità Sarà comunque una rappresentanza numericamente inferiore rispetto alla passata olimpiade di Atene. Motivo, la mancata qualificazione a Pechino delle squadre di basket, baseball e softball. Di contro c’è la prima partecipazione nel badminton, con Agnese Allegrini nel singolare femminile. «Una squadra comunque numerosa e ben preparata – secondo Raffaele Pagnozzi, capo missione olimpico e segretario generale del Coni – Le condizioni per far bene ci sono tutte». Atleti provenienti da tutte le parti d’Italia, con una prevalenza della regione della Lombardia. «Sarà una squadra che rappresenterà in maniera dignitosa e positiva tutto il Paese – ha spiegato Raffaele Pagnozzi – Ripetere Atene non è stato possibile per la mancanza di alcune squadre ma, allo stesso tempo, a Pechino salirà la partecipazione agli sport individuali». Andranno a completare la presenza azzurra in Cina altri 274 tra officials, tecnici e dirigenti.
Le medaglie In Cina sarà impresa ardua riuscire a eguagliare il medagliere di Atene 2004 (10 ori, 11 argenti e 11 bronzi). Il Presidente del Coni, Gianni Petrucci, assieme allo stesso Pagnozzi predicano calma e basso profilo: «Ripetere questi trend sarebbe un’impresa straordinaria, ma i nostri atleti hanno dimostrato il proprio valore con continuità nel corso delle massime competizioni internazionali, anche se non dovessero andare bene alle olimpiadi».
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