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SPORT|L’Italia di Pechino è fatta: «Vogliamo 30 medaglie»

Meno atleti (347), il 39% sono donne. Il Coni: «Ripetere Atene e Sydney»

Vanessa Ferrari

LA DELEGAZIONE Quattro anni di dura preparazione per prender parte alla lista. Quella presentata ieri, dalla Giunta Nazionale del Coni con i nomi dei 347 atleti azzurri che rappresenteranno il tricolore alle prossime olimpiadi di Pechino. Di questi ben 135 saranno donne, il 39%. Compresi nella lista anche due atleti la cui presenza è ancora incerta: la triatleta Nadia Cortassa rischia di non partire a causa di una idoneità temporaneamente sospesa, mentre l’altro caso sub-judice riguarda il nuotatore Federico Turrini, sulla cui testa pende un giudizio presso il Tas di Losanna su una non negatività al nandrolone.

Meno quantità, più qualità Sarà comunque una rappresentanza numericamente inferiore rispetto alla passata olimpiade di Atene. Motivo, la mancata qualificazione a Pechino delle squadre di basket, baseball e softball. Di contro c’è la prima partecipazione nel badminton, con Agnese Allegrini nel singolare femminile. «Una squadra comunque numerosa e ben preparata – secondo Raffaele Pagnozzi, capo missione olimpico e segretario generale del Coni – Le condizioni per far bene ci sono tutte». Atleti provenienti da tutte le parti d’Italia, con una prevalenza della regione della Lombardia. «Sarà una squadra che rappresenterà in maniera dignitosa e positiva tutto il Paese – ha spiegato Raffaele Pagnozzi – Ripetere Atene non è stato possibile per la mancanza di alcune squadre ma, allo stesso tempo, a Pechino salirà la partecipazione agli sport individuali». Andranno a completare la presenza azzurra in Cina altri 274 tra officials, tecnici e dirigenti.

Le medaglie In Cina sarà impresa ardua riuscire a eguagliare il medagliere di Atene 2004 (10 ori, 11 argenti e 11 bronzi). Il Presidente del Coni, Gianni Petrucci, assieme allo stesso Pagnozzi predicano calma e basso profilo: «Ripetere questi trend sarebbe un’impresa straordinaria, ma i nostri atleti hanno dimostrato il proprio valore con continuità nel corso delle massime competizioni internazionali, anche se non dovessero andare bene alle olimpiadi».

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IL CASO|Benedetto XVI predica dall’aereo, ma sbaglia pubblico

Di ritorno dal viaggio in Australia il bilancio del Papa. Nei telegrammi inviati ai tredici stati sorvolati, benedizioni cattoliche a capi di stato musulmani.

                Simone Di Stefano

Questo Papa non si ferma mai. Da ovest a sud, da nord a est. Peripli, piroette e peripezie per Joseph Ratzinger, al secolo Papa Benedetto “decimo sesto”, come amano chiamarlo i più eruditi e romantici di tempi passati, quando veramente essere Papa significava molto più che esser privilegiati. Accade allora che di ritorno da un viaggio all’estero, in rappresentanza del proprio paese, un capo di stato invii telegrammi agli stati sorvolati.

Ovvio, perché ogni volta che Benedetto XVI si reca in viaggio in qualità di Papa, lo fa a nome dello stato che rappresenta, in questo caso il Vaticano. Un viaggio che il Papa ha intrapreso mentre in Italia, un paesino così vicino al Vaticano, Bossi si scagliava contro l’inno di Mameli, il caso Del Turco faceva tornare l’incubo di tangentopoli, Napoli era ancora piena di rifiuti (nonostante i proclami di Silvio Berlusconi) e in Parlamento passava la legge salva Premier. Sua Santità invece se ne stava pacioso tra maori e canguri a professare la parola di Dio. Non c’è nulla di male, tanto che al Vaticano cosa mai può interessare la sorte dell’Italia? Altro stato, altra lingua, altra economia, altri interessi (quelli soprattutto). Alla stregua della Norvegia o del Congo.

Di ritorno, una volta atterrato all’aeroporto di Ciampino alle ore 22.58 di ieri sera, Benedetto XVI è stato accolto dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, e come da prassi ha inviato un telegramma al Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano: « Al rientro dal viaggio apostolico – si legge nel testo – che mi ha condotto in Australia, in particolare a Sydney, dove ho avuto la gioia di incontrare giovani provenienti da tutto il mondo, pronti a lasciarsi guidare dalla forza dello Spirito Santo per contribuire generosamente alla costruzione della civiltà dell’amore, desidero inviare a lei, signor presidente, e alla diletta nazione italiana il mio cordiale saluto invocando su tutti le benedizioni di Dio». Rieccoci. Allora non siamo stati proprio del tutto abbandonati dal Santo Padre. Allora lui ancora ci pensa. La preoccupazione che se ne fosse rimasto con i maori effettivamente aveva pervaso a molti.

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INTERNAZIONALE|Pallone violento, la «prima volta» degli States

Al Columbus Crew Stadium, nell’Ohio, rissa tra i tifosi americani e inglesi: un arresto e diversi feriti

Simone Di Stefano – Pubblicato su L’Unità del 23-07-2008

Gli stadi di calcio americani scoprono la violenza. Smaniosi di poter ammirare le gesta dei fuoriclasse provenienti dal calcio europeo, oltre a qualche campione al tramontare di carriera, gli States importano, ora, anche le risse tra tifoserie avversarie. Come quella che si è verificata lunedì scorso in Ohio, al Columbus Crew Stadium. In campo per un match amichevole c’era il team locale dei Columbus Crew, squadra iscritta al campionato di Major League Soccer, e gli ospiti inglesi del West Ham United, in Usa per una tournèe di preparazione al prossimo avvio di stagione in Premier League.

Una serie di sfottò tra una trentina di sostenitori degli Hammers e i tifosi locali,durante l’intervallo della partita, sarebbe alla base della violenza innescata tra le due frange. Elusi i controlli della Polizia, nuova a fatti del genere in stadi quasi sempre affollati di famiglie con bambjnial seguito, i supporters del West Ham sono riusciti ad arrivare in prossimità del settore dove si trovava la parte più calda della tifoseria locale. I cori di beffa da parte dei cugini inglesi hanno sucitato l’ira di una centinaia di Crew. Ci è voluto poco per passare dalle parole ai fatti.

Difficile l’operazione di sedare gli scontri per i poliziotti, che sbigottiti e increduli nel vedere ciò che gli stava accadendo dinanzi a loro, hanno dovuto chiamare i rinforzi. Una volta ristabilito l’ordine, la Polizia ha provveduto all’arresto di una persona, mentre in molti sono stati i feriti e i contusi ricorsi alle cure mediche. Alla pari di quanto siamo abituati in Europa, allorché il calcio ruba le pagine alla cronaca. Il fatto nuovo è che da quando gli americani si interessano di soccer non si era mai verificato un episodio di tale gravità.

Non a caso è stato l’arrivo di una tifoseria inglese a inaugurare questo barbaro modo di vivere lo sport più bello del mondo. Ciò riporta anche d’attualità il problema legato agli hooligans inglesi, al secolo una delle peggiori forme di teppismo legate al calcio britannico. Secondo il dirigente del club inglese, Scott Duxbury, quello di Columbus è un episodio da stigmatizzare, anche se va ritenuto un fatto isolato. Il club comunque ha annunciato di proseguire la tournée in Usa.

Il Columbus Crew Stadium non è nuovo a casi di «cattivo» tifo. Già lo scorso 24 maggio, in occasione della partita di campionato tra la squadra di casa e i New England Revolution, dagli stessi spalti in cui si è partita la rissa, un tifoso isolato aveva urlato un insulto di stampo razzista all’attaccante di colore Kheli Dube, colpevole di aver messo a segno al novantesimo il gol vincente che aveva condannato i Crew alla sconfitta. Ciò portò il commissario della Mls Usa, l’equivalente della Figc italiana, ad avviare un’inchiesta.

Il tifoso venne identificato grazie all’ausilio di alcune telecamere interne all’impianto e successivamente radiato a vita dagli stadi di calcio. Nello stesso giorno della rissa di Columbus, l’Osservatorio del Viminale annunciava, a Roma, la diminuzione della violenza negli impianti italiani. Che almeno questo sia di buon auspicio.

Simone Di Stefano – Pubblicato su L’Unità del 23-07-2008

SPORT|Laguna Seca, il bacio di Valentino al «cavatappi»: «Una delle mie vittorie più belle»

MOTO GP. La vittoria di Rossi in California ravviva la corsa al titolo e la sfida alla Ducati. «Scintille» d’altri tempi tra il Dottore e il pilota australiano

Ci hanno messo dentro di tutto Rossi e Stoner, domenica sera, a Laguna Seca. Classe, intensità, coraggio. E veleno. L’australiano non ha gradito l’irruenza di Valentino in certe curve: «Corro da anni e non ho mai visto sorpassi così duri». «E io allora corro da una vita ma le gare le ho sempre viste così», la risposta del Dottore. «Stoner è abituato a vincere in fuga – ha proseguito il pilota della Yamaha – il corpo a corpo è diverso, entrano in gioco altri fattori e sono contento di averlo battuto». Il day after del Gp dell’anno lascia ancora impressi, sulle rètine degli appassionati, quella serie di sorpassi tra i due. Vaghi ricordi del duello di Digione nel 1979, tra Villenueve e Arneaux. Altri tempi e soprattutto un altro sport.

Nel cassetto dei motoricordi c’è l’emozionante testa a testa tra Rossi e Biaggi a Welko, in Sud Africa, nel 2004. Ma domenica sera i due abbiano oltrepassato il limite, incarnando un duello che passerà alla storia del motociclismo moderno. E non c’è solo l’elettronica di mezzo, inutile appellarsi al traction control. Vedi le loro moto inclinate all’uscita della Cavatappi e noti le stesse scelte di traiettoria. Rossi che non molla un centimetro e Stoner costretto a tornare sulla terra. Il sapore della ghiaia a nove giri dal traguardo, un regalo dell’australiano a Rossi: fuga e vittoria dove non gli era mai riuscito, «La più bella» secondo Valentino. Si potrà contestare a Casey la troppa irruenza, invocare una maggiore pazienza, di attendere prima di affondare il colpo.

Ma del campione si ama l’istinto. Spericolato e sfrontato, il ducatista ha avuto il merito di non mollare. La stessa tenacia che lo ha risollevato dopo Barcellona, quando il suo distacco da Rossi era arrivato a 50 punti tondi. Valentino da allora era andato quasi in crisi mistica. Non vinceva dal Mugello, ha patito Dani Pedrosa al Montmelò e visto Stoner infilare tre vittorie di fila. Merito anche di una Ducati capace di far volare l’australiano. Serviva un gesto di forza e il pesarese l’ha sfoderato. «Stoner deve capire – ha poi detto – che venderò cara la pelle». Duello fino all’ultima curva del motomondiale. Si riparte il 17 agosto da Brno. Dove Valentino lo scorso anno non andò oltre il settimo posto. Poi Indianapolis, favorevle ai 4 cilindri Ducati; Giappone, dove Valentino non vince dal 2001; Australia, dove prima dell’affermarsi di Stoner in Moto gp era terra di conquista per il pesarese. Poi Sepang e Valencia. Sette battaglie per il tetto del mondo.

Simone Di Stefano – Pubblicato su L’Unità del 22-07-2008

SPORT|Motomondiale Usa, grande Rossi vince davanti a Stoner

GRAN PREMIO Valentino straccia Casey a Laguna Seca: Stoner su Ducati arriva secondo nonostante una caduta

Fin dal momento in cui aveva rinnovato il contratto, la storia americana di Valentino Rossi non poteva non avere un lieto fine come quello che si è concretizzato ieri nella fresca mattinata californiana di Laguna Seca. Più che una storia è stata una vera e propria lezione. Di motociclismo e di autocontrollo. Sempre in testa e sempre con la guardia alta a tarpare la via di fuga a Stoner, partito come favorito e sovrastato dal suo stesso irruento carattere. Puerile l’atteggiamento del ragazzo in alcuni momenti della gara. Come quello decisivo. Moto a terra e Rossi che se ne va, con in tasca punti preziosi per il titolo mondiale.

In attesa dell’inno di Mameli che avrebbe suonato un’ora dopo con Valentino sul gradino più alto, ad aprire le danze è il pur sempre rispettabile “Star Spangled Banner”. Non appena i semafori si tingono di verde, la conca della Laguna vede subito in testa il tandem Stoner-Rossi e Hayden poco dietro. Spettacolare la partenza di Dovizioso, che partiva nono e al primo giro è già quarto, inserendosi nella bagarre tra Hayden e Vermeulen. All’esordio in questa pista il pilota della Honda non è rimasto impressionato: «Ho il vizio di imparare subito le piste», dirà al termine di una gara che lo vedrà confermare il quarto posto, davanti a Hayden.

Ma nella conca californiana ieri sono soprattutto Rossi e Stoner, che riescono a infuocare il pubblico, ancor più della piroetta che fa perdere a Lorenzo le velleità di finire il gp: frattura al piede sinistro, che per fortuna non gli impedirà di essere a Brno il 17 agosto. Mentre lo spagnolo si lecca le ferite, Rossi scavalca Stoner dando vita fin dall’avvio a un duello fatto di sorpassi, che trova il suo epilogo soltanto a nove giri dal termine. L’australiano esce di pista e nonostante rimette la sua Desmosedici sul tracciato in tempo per non perdere la seconda posizione, il distacco dal primo è ormai troppo consistente. Un duello che fino a quel punto aveva avuto dell’incredibile.

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SPORT|Brno, doppietta Ducati vince Bayliss, ok l’italiano

L’australiano ora ha 79 punti di vantaggio su Neukirchner (Suzuki). Titolo sempre più vicino

Otto gare senza mai arrivare primo, per uno che è abituato a vincere sono un’infinità. Ieri la Repubblica Ceca rappresentava per Troy Bayliss un terreno di confronto difficile. Primo in classifica mondiale, ma a secco da tre gp (6

gare). Ogni gara senza vincere rende sempre più ardua la scalata verso il cielo del campione. Davanti ai 63.000 spettatori di Brno, l’australiano da una bella scossa alla classifica e soprattutto nella sua testa. Nella nona prova del Mondiale Superbike «monogommato» Pirelli, sulla sella della sua Ducati 1098 del team Xerox, il due volte campione del mondo ha confezionato una schiacciante doppia vittoria, la settima e l’ottava in stagione e la quindicesima «doppietta» in carriera. Alla deriva gli inseguitori che si sono dovuti accontentare degli avanzi del pilota Ducati.

Tra questi un ottimo Michel Fabrizio, compagno di squadra di Bayliss e uno sfortunato Max Biaggi. Ottime anche le prestazioni di Troy Corser (Yamaha), secondo alle spalle di Bayliss in gara 1 e quarto in gara 2, dietro ai due romani. In gara 1 Bayliss è partito dalla pole e in meno di 12 tornate è passato al comando andando a vincere, non prima di aver stabilito il giro più veloce, a tre tornate dalla bandiera a scacchi. Dietro di lui un grande Corser che ha avuto il merito di aver messo sotto pressione il leader della corsa fino alla fine. Terzo e quarto, rispettivamente, Michel Fabrizio e Max Biaggi, in un’epica sfida tra romani. I due si sono contesi l’ultimo gradino del podio in un avvincente duello.

L’ha spuntata Fabrizio, all’ultimo giro, grazie soprattutto ai problemi alle gomme riscontrati da Biaggi a pochi giri dal traguardo. Quinta posizione per Ryuichi Kiyonari, primo dei piloti Honda, confermando i propositi avuti in Superpole. Sesto Noriyuki Haga (Yamaha), davanti agli altri due piloti in lotta per il mondiale, Max Neukirchner (Suzuki) e Carlos Checa (Honda). Ancora perfetto Bayliss in gara 2, dove non c’è stata storia. Biaggi rimane al palo e si rinnova il duello con Fabrizio. Identico epilogo di gara 1, con il ventitreenne della Ducati ufficiale che ha avuto la meglio. La filosofia di Biaggi ammorbidisce un terzo posto che sa di beffa: «Il podio mi va bene perché battere le moto ufficiali è difficile. Brno resta comunque amica». Per Fabrizio invece non è nuova l’impresa su questa pista.

Negli ultimi tre anni era sempre salito sul podio: «Questa gara però è stata la più bella di tutte – ha raccontato Fabrizio a fine gara – Ho tirato una gran staccata a Biaggi perché ci tenevo a batterlo». Grazie a questo successo Troy Bayliss è sempre più leader in campionato, con ben 79 punti di vantaggio su Neukirchner. A 39 anni Bayliss è salito, con le due vittorie di ieri, a 48 successi nel Mondiale, secondo nell’albo d’oro Superbike soltanto al britannico Carl Fogarty (59 vittorie). «E’ l’ultima volta che corro qui – ha spiegato Bayliss – è stato veramente tutto perfetto». Tanto per ribadire la sua intenzione di lasciare le corse a fine stagione.
E con il titolo iridato in tasca.

Simone Di Stefano – Pubblicato su L’Unità del 21-07-2008

SPORT|Québec-Saint Malò. Soldini e tre amici in barca nell’oceano

Al via la regata senza scalo vinta nel ’96. Un equipaggio per il re dei viaggi solitari

MARINAI. Gli ultimi minuti di attesa prima della partenza hanno un sapore particolare specie se si è prossimi a una traversata come la Québec-Saint Malò, unica transatlantica in equipaggio senza scalo, dal Canada alla Francia che giunge quest’anno alla sua settima edizione. Una competizione attorno cui c’è tanta attesa per il fatto che si svolge ogni quattro anni, chiudendo la stagione. Sono 28, complessivamente, le barche che hanno preso il via ieri, alle ore 11 (le 17 in Italia), dal Porto Vecchio di Québec. Di queste ben 18 sono class 40 (12 e 28 metri), il resto sono trimarani e 50 piedi simili a quel “Misco” che nel 1992 si rovesciò alla terza edizione della traversata. A bordo dell’imbarcazione c’era il giovane Giovanni Soldini che quattro anni dopo, all’edizione successiva, si impose su tutti arrivando primo al porto di Saint Malò, in Francia.

Quest’anno Soldini partecipa con la Telecom Italia alla competizione per class 40. Famoso per le sue traversate in solitario, in questo caso condividerà la compagnia in barca con Franco Manzoli, all’esordio con il velista milanese, Marco Spertini e Tommaso Stella, rispettivamente Shore team ed equipaggio. Ultimi controlli, verifiche di rito, e poi sei tu e il mare. Era tranquillo Soldini, consapevole della bravura e dell’affiatamento di un equipaggio già rodato e affiatato, che ad aprile 2008 ha vinto nel “Grand Prix Petit Navire” di Douarnenez, in Francia. Soldini può inoltre approfittare di una stagione più che favorevole, che lo ha visto trionfare nelle ultime due transatlantiche a cui ha partecipato, la Transat Jacques Vabre, in coppia con Pietro D`Alì, a novembre 2007, e l’Artemis Transat (ex Ostar), in solitario a maggio 2008.

Ai nastri di partenza il più tranquillo era proprio lui: «Dopo aver attraversato l’Atlantico da solo e di bolina, non vedo l’ora di ripartire in equipaggio con vento in poppa. Ma non sarà comunque una passeggiata – ha poi proseguito Soldini – Il percorso è ricco di insidie e difficoltà». Una regata difficile dal punto di vista tattico, soprattutto nelle prime 400 miglia di navigazione, lungo il fiume San Lorenzo sulle cui sponde si sono assiepati migliaia di spettatori. Alla ridotta possibilità di manovra che offre questo tratto fluviale, vanno aggiunte le scarse condizioni di vento che hanno costretto gli equipaggi a continue manovre e cambi di direzione. Le insidie del San Lorenzo vengono dai fondali molto bassi, con forti correnti e tronchi alla deriva che rischiano di danneggiare gli scafi. Motivo per cui tutta la flotta dei class 40 ha deciso di girare a sud dell’isola di Orleans. I venti deboli che spirano da sud ovest lungo il canale non sono poi l’ideale per il Telecom Italia, che offre il meglio di se proprio in presenza di venti superiori ai 10 nodi.

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SPORT|Razzo Stoner Ducati sogna la California

Rossi insegue l’australiano. Oggi la gara a Laguna Seca

Duello. In un circuito dove i sorpassi non sono molto frequenti, aggiudicarsi la pole significa essere oltre la metà dell’opera. Ieri la freccia che ha squarciato il cielo californiano portava, neanche a dirlo, il nome dell’australiano Casey Stoner. A poco è servito a Velentino Rossi l’aver trovato fin dalla sessione di qualifiche di venerdì scorso il giusto assetto alla sua R1. Un assetto che «sembra funzionare bene», aveva spiegato a fine giornata Valentino, augurandosi di scendere ancora di qualche decimo nelle sessioni successive. Sono state effettivamente di buon auspicio le parole del pesarese, che nella terza sessione di ieri ha girato in 1’22”168, migliorandosi di quasi sei decimi.

Non abbastanza per essere il più veloce. Quello è stato invece l’australiano Casey Stoner che ha girato in 1’21”461. Il campione della Ducati ha migliorato ancora se stesso infrangendo di nuovo il record della pista in prova. E ha poi conquistato la pole position fermando il cronometro sul tempo di 1’20”700. Ha preceduto Valentino Rossi, secondo in 1’21”147. Terzo posto per Nicky Hayden (1’21”430) davanti a Jorge Lorenzo (1’21”636) e a Toseland (1’21”848). Ma Laguna Seca è prima di tutto un circuito diverso dagli altri, dove conta sì la bravura del pilota, ma soprattutto i cilindri.

Quelli che ha tirato fuori la rossa di Borgo Panigale e che sembrano rappresentare in questo momento il gap con la Yamaha. Getta la spugna invece Dani Pedrosa, che ha rinunciato alle qualifiche e quindi a prendere parte alla gara: l’infortunio alla mano sinistra del pilota, operato lunedì, dopo la caduta sotto la pioggia del Sachsenring di domenica scorsa rende infatti impossibile la guida su una pista che propone proprio molte curve a sinistra, come dimostrato dai forti dolori accusati da Pedrosa nelle due sessioni di libere del venerdì.

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SPORT|C’è anche Freire. La firma di Oscar davanti a Zabel

Sprint dello spagnolo a Digne. Oggi il tappone a Prato Nevoso

Era la vittoria che aspettava. Oscar Freire non aveva ancora messo il suo nome tra i primi di questo Tour. Lo ha fatto ieri, battendo in volata il tedesco Zabel e il colombiano Duque, e interrompendo così la scia di Cavendish. Si parte da Nimes. Dislivello minimo ma costante. Dei ventuno corridori in fuga, tra cui un generoso Quinziato, a metà tappa ne restano in quattro. Bonnet, Tankink, Casar e Gutierrez, tengono alta l’attenzione di chi rincorre. Milram e Liquigas fanno l’andatura.

Da Oreison, strada sempre più in salita e vento che tira di traverso. Ai 50 chilometri il gruppone compatto è a 2’33” dai quattro in fuga. Tutti appaiati, Schleck, Menchov, Sastre, Kirchen e la maglia gialla di Evans. All’aumentare della salita il distacco dai quattro di testa inizia a vacillare. Giusto il tempo di vedere Gutierrez scattare in vista del Col de L’Orne. 9 chilometri e mezzo al 5% di dislivello. Il corridore della Casse d’Espargne alterna i suoi tentativi a quelli di Voeckler e Barredo, ma soccombono tutti al ritmo degli uomini della Columbia.

L’ultimo goliardico tentativo è del francese Chavanel. Dura poco il sogno. Ripreso dallo sforzo, sontuoso, di Kreuziger che detta i tempi e non lascia che ad imporsi sia il francese. In volata, a Digne, l’impressione è che a imporsi sia Erik Zabel, in vantaggio sugli altri. Ma la maglia verde di Freire, fino a quel momento del tutto anonimo, spunta alla sua sinistra, andando così a vincere la sua prima tappa: «Non sto facendo un buon tour – ha detto subito dopo il vincitore – ma sapevo che questa tappa poteva essermi favorevole. Volevo vincerla».

Classifica punti consolidata e opportunità di diventare il primo spagnolo a vincerla. Non si sbilancia ma dice: «Sarebbe molto bello». La sua linguaccia all’arrivo sa di beffa per Zabel, che si è visto sfilare anche il secondo posto da Duque. Solito remake per Pozzato. Arrivato fino in fondo, il vicentino della Liquigas non è andato oltre il quindicesimo posto. Non cambia nulla in classifica generale: in maglia gialla resta Evans, poi Shleck e Vande Velde. Con l’arrivo al Prato Nevoso, inizia oggi il trittico di tappe alpine. Fuori muscoli e resistenza. L’esame più duro della seconda settimana di Tour.

Simone Di Stefano – Pubblicato su L’Unità del 20-07-2008

LE INTERVISTE|«Stoner è l’unico erede di Valentino»

Giacomo Agostini. L’ex campione e il rinnovato duello tra Rossi e l’australiano: «Sarà decisivo il Gp di Brno»

Giacomo Agostini, otto volte campione del mondo in 500 cc; sette mondiali vinti in 350 cc. La storia del motociclismo ci ha spiegato come vede il duello tra Rossi e Stoner, remake del 2007.

Chi vede favorito per la vittoria finale tra i due?

«È una sfida molto equilibrata. Stoner sembrava fuori e invece vincendo le ultime gare è tornato a ridosso di Valentino, riaprendo il campionato. Vedo l’australiano più tranquillo rispetto a prima. Ma ogni gara può essere diversa. Rossi ha tanti punti di vantaggio, ma è anche vero che Stoner e la Ducati volano».

Sarà un finale a due o secondo lei ci sarà il terzo incomodo?

«No, dopo l’infortunio di Pedrosa non esiste più un terzo incomodo. La lotta è esclusivamente tra loro due. Entrambi i piloti sono al cento per cento. Certo, se Vale esce indenne da Laguna Seca e poi vince in Repubblica Ceca, metterebbe una bella ipoteca sul titolo».

Quindi secondo lei non è azzardato parlare di fuga fin da Laguna?

«In chiave mondiale credo che sarà decisivo il risultato del Gp di Brno, in Repubblica Ceca. Ma non sono da escludere sorprese dal gran premio americano. Anche perché lo scorso anno negli States vinse Stoner e anche Rossi può fare bene. Se la giocheranno fino alla fine. E attenti a Hayden e Edwards. È difficile però fare pronostici, si gioca tutto in venti punti. Certo che se Vale salisse a 25 punti su Stoner prenderebbe un bel vantaggio».

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