Sono le inchieste molteplici che pendono sulla sua testa ad averlo convinto ad avanzare le dimissioni da premier e presidente del partito Kadima. Intanto avanzano diverse candidature. Tra i favoriti a rivestire la importante carica Tzipi Livni e Shaul Mofaz
Cala il gelo in Israele all’indomani dell’annuncio del Premier, Ehud Olmert, di dimettersi dalla carica di primo ministro a seguito delle diverse inchieste della polizia a suo carico. Olmert però ha anche ribadito quanto sia importante per lo stato israeliano trovare un suo degno successore entro il suo partito, il Kadima. «Mi dimetterò da primo ministro quando un nuovo presidente (del partito Kadima, ndr) sarà scelto per permettere la creazione di un nuovo governo, rapidamente e con efficacia».
L’annuncio cade come un macigno, in quanto il premier israeliano era stato chiaro nel voler conquistare una pace con i nemici palestinese, un passo che aveva avuto il suo punto di svolta nell’ultimo incontro a Parigi ,in occasione del club Mediterraneé. In quell’occasione vennero annunciati nuovi ritiri delle truppe israeliane dai territori palestinesi e soprattutto emerse la volontà congiunta di ottenere il più presto possibile la pace in Medio Oriente.
Il premier ha annunciato la sua decisione nel corso di un breve discorso televisivo nel quale ha elencato l’opera positiva svolta dal suo governo in diversi campi e si è detto «orgoglioso di essere cittadino di un paese in cui anche un primo ministro può essere indagato dalla polizia come un semplice cittadino». Ha inoltre detto di avere risposte esaustive ai sospetti degli inquirenti.
Nel frattempo infuriano le polemiche, all’interno del partito Kadima, su chi dovrebbe essere il suo successore. Una guerra fratricida tra le più alte personalità del partito. Chi non si è mai tirata indietro da una candidatura è Tzipi Livni, che nell’ultimo anno, più volte aveva avanzato il suo nome come quello di presidentessa del Kadima, anche quando su Olmert ancora non aleggiavano voci su un suo possibile ritiro. «Voglio essere primo ministro – ha spiegato la Livni – e lavorerò per questo obiettivo: dobbiamo cambiare le cose, perché la gente non ha più fiducia nei politici e bisogna ripristinare tale fiducia».
La nuova candidata era stata una delle prime a criticare il premier per aver condotto le truppe ebraiche alla guerra in Libano. Lei rivestiva tuttavia la carica di ministro degli esteri e in quell’occasione non andò oltre una semplice critica di strategia. Le sue parole contro Olmert sono arrivate però 24 ore prima che il primo ministro annunciasse le sue dimissioni. «Sono pronta per essere messa alla prova – ha precisato la Livni – non solo per quanto ho detto, ma anche per quanto ho fatto: ho tutte le carte per diventare primo ministro». Il carattere per rivestire la carica più alta dello stato israeliano, di certo non gli manca.
Il prossimo capo del Kadima verrà scelto il prossimo 17 settembre. Tre i candidati, di cui lei è la favorita ma anche la meno chiara nel suo programma. Alcuni avanzano l’accusa contro di lei, di non possedere neanche un programma politico. Tuttavia Anshel Pfeffer sul Jerusalem Post ieri ha scritto che un terzo di Israele sarebbe disposta a votare per quello che sarebbe «il primo ministro più oscuro e sconosciuto nella storia del nostro paese».
Degli altri tre contendenti il più forte sembra essere Shaul Mofaz, ministro dei Trasporti dopo essere stato capo delle forze armate e poi ministro della Difesa. Gli altri due, Avi Dichter e Meir Shetrit, corrono per contare il loro peso nel partito, per strappare una poltrona migliore nel governo che verrà. Vera incognita di questa corsa è che i due candidati più influenti, Livni e Mofaz, vengono considerati quasi unanimemente dei leader incerti, mediocri, inadatti a guidare uno stato come Israele, che alla lotta politica della democrazia spesso associa il peso pauroso delle guerre e contro i suoi vicini nemici.
Simone Di Stefano
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