Il modenese libero: tornerò più forte. La Saunier Duval licenzia lui e Piepoli
La delusione prevale sulla rabbia. Lo scandalo piombato addosso a Riccardo Riccò è stato come lo svegliarsi da un bel sogno. Per noi che avevamo acclamato le gesta del furetto modenese e per chi, come i cugini francesi, non aveva perso tempo a esaltarne le doti. Ieri mattina invece il turn-back della stampa d’oltralpe sul suo conto. Le Figaro titolava «L’errore di un fanfarone», mentre un’editoriale di Liberation recita testuale: «Questo nuovo talento aveva soltanto un nuovo modo di imbrogliare». Una notte passata nella gendarmeria di Pamiers.
Non ancora varcata la soglia del tribunale di Foix, dove lo attendeva il procuratore Antoine Leroy per un nuovo interrogatorio, Riccardo Riccò poteva già considerarsi un ex corridore della Saunier Duval, la squadra con cui aveva partecipato alle prime undici tappe di questo Tour. Licenziato per violazione del codice etico. «Abbiamo sempre sorvegliato i nostri atleti con il massimo scrupolo possibile – ha spiegato il team manager Mauro Gianetti – Malgrado tutti gli sforzi compiuti, non siamo riusciti ad evitare questa assurda situazione e oggi, come squadra, ci sentiamo vittime dell’irresponsabilità di coloro che hanno la criminale smania di primeggiare».
Sorpreso? «No, era il minimo che potessero fare». Per lo stesso motivo ha perso il posto anche Piepoli e ora il rischio per il team è la perdita della sponsorizzazione. Il direttore generale della Saunier Duval, Thierry Leroy, infatti ha avanzato la possibilità di chiedere i danni ai dirigenti della squadra, «qualora venisse accertato un caso di doping organizzato». Certo delle sue ragioni, nel pomeriggio Riccò ha invece sbattuto in faccia alla cronaca la sua verità: «Sono innocente». Il corridore modenese avrebbe confermato al procuratore di non avere mai usato Epo e di non sapere spiegare le cause della sua positività. Non importa che fuori ci sia il finimondo e tutti parlino di lui come un «truffatore». Il pm parla di «diverse apparecchiature mediche, siringhe, flebo, trovate dentro la sua camera», anche se non sembrano essere state utilizzate.
A destare l’interesse degli inquirenti francesi, poi, altre borse trovate vuote nella stessa stanza. Materiale «usato regolarmente sotto prescrizione medica e per ragioni di salute», replica Riccò, dal cappuccio nero della sua felpa. Una volta rilasciato e sbattuto dentro l’auto a forza, il corridore ha ribadito: «Non mi sono dopato. Voglio solo tornare in Italia per fare le controanalisi». Ai microfoni della Rai che lo hanno poi raggiunto al casello dell’autostrada, poco fuori Foix, ha spiegato: «Nella mia borsa sono state trovate solo vitamine. Tornerò più forte di prima e sentirete presto parlare di me». Passato al professionismo dal 2006, proprio con il team di Gianetti, Riccardo Riccò era stato spesso paragonato a Pantani per le sue doti da scalatore. Facile quindi l’equazione per quanti ora paragonano i due, non solo per le virtù ma anche per i vizi.
In difesa della memoria di Pantani, la famiglia ha espressamente chiesto di non « minare l’onore, la reputazione e soprattutto la memoria» del Pirata. Deluso anche Damiano Cunego che forse aveva visto nel modenese un alleato importante nel rilanciare il ciclismo italiano, quello pulito: «La positività al doping di Riccò conferma che il ciclismo è sempre allo stesso punto – lo sfogo del corridore della Lampre – Si annuncia di aver intrapreso la strada giusta per risollevarsi, ma evidentemente non è così». Riccò ora rischia fino a due anni di reclusione e 3.750 euro di ammenda, oltre a due anni di squalifica a livello sportivo. E una carriera ormai compromessa.
Simone Di Stefano – Pubblicato su L’Unità del 19-07-2008
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