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SPORT|In provincia il pallone non rotola più

Inchiesta sui problemi finanziari dei club: tra serie B, 1° e 2° divisione rischiano in sette

In rosso. Il bimbo si avvicina al cronista e gli chiede «La mia squadra ce la farà a iscriversi?». Perché i mali del calcio italiano si cominciano a respirare con l’afa estiva. Ronaldinho, Lampard e Adebayor sono sogni per pochi eletti. La maggioranza dei club pensa ai bilanci in deficit e, soprattutto, a restare in galla. Con il Manfredonia salvo in extremis, sono 17 le società a rischio, giudicate ancora inadempienti dalla Covisoc, l’ente di controllo della Federcalcio. Società che non hanno assolto ai pagamenti di Iva o stipendi ai giocatori. Con qualche punto da scontare nel prossimo campionato come minore dei mali, e il prossimo 15 luglio come data ultima per sistemare i conti e non rischiare di peggio. Per il 18 sono previsti i verdetti, che nei casi più gravi prevedono un declassamento nelle categorie inferiori.

Tra le vittime illustri anche il Messina, che probabilmente non riuscirà a iscriversi in serie B a causa dei guai finanziari legati alla cessione della società di Franza. Ammesso che trovi un acquirente in grado di risanare i conti, sembra difficile che possa salvarsi dal temuto Lodo Petrucci, ossia dall’iscrizione in seconda divisione (la vecchia C2). Sempre nella serie cadetta risponderebbe assente anche il Treviso, in debito di circa 4 milioni di euro con l’Agenzia delle entrate. Il presidente Setten ha fatto sapere di averne già versati circa 2,5 milioni, e dal capoluogo veneto si dicono certi di essere in regola per l’iscrizione. In prima divisione (la vecchia C1), la questione si fa più ingarbugliata. Lucchese, Spezia (retrocessa dalla B), Massese, Juve Stabia, Pescara, Venezia e Verona le squadre in bilico.

Paradossale la situazione dell’Avellino: retrocessa dalla B, la squadra irpina al momento non comparirebbe nemmeno nel prossimo calendario di prima divisione ma, risolvendo la pratica Covisoc entro il 15, potrebbe ambire al ripescaggio in serie B andando a ricoprire il vuoto eventualmente lasciato dal Messina. Una lotta tra poveri insomma, che non risparmia nessuno. Tutti contro tutti. In seconda divisione il Martina, ormai fallito, ripartirà dalla serie D assieme alla Castelnuovo Garfagnana, che non ha presentato domanda d’iscrizione tra i professionisti per i debiti lasciati dalla precedente gestione . Eppure il paesino conta molto sul calcio, come spiegano i dirigenti: «Castelnuovo è conosciuta per la squadra di calcio, retrocedere inciderà non solo sulle attività commerciali ma anche sugli investimenti e sul turismo». Manfredonia, Teramo, Sassari, Nuorese e Scafatese, le altre di seconda divisione a rischio.

Esponenti di un calcio minore che, per salvarsi, punta alla riduzione delle rose, sui limiti ai tesseramenti degli over 21 e la riduzione degli ingaggi, che in molti casi superano i 200 mila euro a giocatore, per lo più over 35. Molte società si sono già mosse in questa direzione, altre lo stanno iniziando a fare. «Puntiamo sulla valorizzazione dei giovani perché abbiamo le entrate limitate – dice Pino Autunno, team manager di un Foggia che ha appena sfiorato la B ai play off – un’inversione di tendenza rispetto al passato che pagherà in futuro. I tifosi capiranno».

Sponsor, tv e Lega non superano in media il 15% nella voce dei ricavi societari. «Il 50% dei conti viene coperto dai soci. Il resto proviene da abbonamenti e biglietteria. Il calcio produce solo perdite, e per sopravvivere conviene puntare sui vivai e sul mercato in uscita».

Parola di Federico Cherubini, direttore generale del Foligno, società presa come esempio da molti in prima divisione. Merito di una gestione caratterizzata da stipendi sotto i 40 mila euro a giocatore e un forte legame con il territorio il segreto, come sottolinea Cherubini: «Su 24 calciatori della rosa, ben 16 sono umbri. e molti sono nati e cresciuti proprio a Foligno. Cerchiamo di riportare gli umbri a casa».
Pochi mezzi ma idee ben chiare: per restare a galla nel calcio dei conti in rosso.

Simone Di Stefano – Pubblicato su L’Unità del 13-07-2008

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