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SOCIALE|Ecco chi sono i rom di via Salamanca

Gli gridano «dovete essere tutti bruciati», l’Università di Tor Vergata non li vuole nel suo territorio e ora scatta anche il pericolo ronde dei cittadini del Municipio VIII. Tra loro molti italiani, donne e bambini, che fino alla settimana scorsa frequentavano la scuola “Elsa Morante”: «Ci mancano i nostri amici».

Lunghe file di panni stesi al sole con i ricami fatti a mano dalle donne, la strada pulita e in ordine: da una parte le roulotte, dall’altra i bagni e le bacinelle per lavare. Così appare il campo rom in via Salamanca, a Tor Vergata, concesso «provvisoriamente» ai rom «Calderari» sgomberati dal foro Boario lo scorso sabato. Janco è italiano, anche se originario dell’Ungheria. È sposato e ha cinque figli: «Da trentacinque anni sto con mia moglie – racconta – ci siamo incontrati in un campo nomadi a Empoli, Dal 1995 siamo arrivati a Testaccio, ma qui a via Salamanca la gente ci chiama ‘zingari’.

Al Foro Boario non ci hanno mai chiamato così, ci chiamavano per nome. Noi chiediamo un campo attrezzato, altrimenti come facciamo? ». Poi c’è chi, come Felon, 23 anni, nata a Venezia, è intenta a preparare un piatto tipico romano, saltimbocca «ma con la variante della verza», precisa. L’odore si confonde con quello del Gulash, tipico piatto dell’est. Alcune donne sono intente a osservare i bimbi che giocano sul prato, altre invece vanno a prendere l’acqua alla vicina fontanella. Tra queste Serafina, che oltre a essere italiana è anche una Gadjé, vale a dire una non rom, ma si è innamorata di uno di loro e 39 anni fa ha deciso di sposarlo: «Sono originaria di San Benedetto del Tronto – spiega – mio padre faceva il pescatore e non voleva minimamente che mi sposassi con mio marito, pensava che avessi chiesto l’elemosina per tutta una vita. Invece non mi è mai mancato niente e non ho mai patito la fame».

Durante il giorno lei fa la casalinga, la cuoca, l’infermiera, la lavandaia e ci tiene a sottolineare il fatto che «noi non andiamo a rubare negli appartamenti o a chiedere soldi. I nostri figli vanno a scuola e poi tornano qui a studiare e a giocare. Ieri, alcuni ciclisti ci hanno gridato che dobbiamo essere bruciati vivi. Queste frasi non ci venivano dette al Foro Boario». Gli uomini lavorano comprando e vendendo auto oppure lavorando alluminio e creando quadri di rame, come Alessandro: «Con questo sgombero ho perso tutti gli amici. Si stava bene a Testaccio». stesso problema per i bambini come Ivan, 9 anni: «Mi piace la matematica – dice – sono romanist e amo Totti. Mi mancano gli amici di scuola, soprattutto Matteo con cui giocavo a calcio nel giardino della scuola».

Simone Di Stefano – Pubblicato su L’Unità del 11-06-2008

L’OPINONE|Intercettazioni si, Intercettazioni no: l’Italia non cambia mai

C’è una legge che forse ha fatto più danni alla mala vita organizzata di quanto qualsiasi altro strumento di controllo non sia riuscito a fare nella storia dell’umanità e questo strumento lo vogliono eliminare.

Vogliamo continuare a opporci a qualsiasi regola, legge, imposizione, a noi comminata da chissà quale ministro o deputato, tanto per gettare ulteriore benzina sul fuoco fomentato dai partiti del no, oppure vogliamo adeguarci a una sana legge, creata ad hoc per favorire la stragrande maggioranza dei politicanti italiani – in primis il capo dei capi di questi, Silvio Berluconi, che di leggi ad honorem ne ha piene le tasche – nascosti dietro l’ombra di un’Italia spiata, che ha dovuto rinunciare alla propria privacy, dell’Italia delle centinaia di milioni di telefonate captate e origliate ai nostri danni?

Il problema, di poco conto fino a pochi giorni fa, sta facendo ora bagarre in Parlamento, con il Guardasigilli Angelino Alfano che dati alla mano ha esposto ai suoi colleghi deputati il grosso problema. Un dilemma che rischia di invischiare il nostro bel paese in un’ulteriore impasse, ideologico prima che burocratico: meglio spiati o meglio di no? Certo che, posta così la domanda favorisce un solo risultato. Chi di noi vorrebbe che qualcuno della Digos venga a sapere che i nostri “cd” non producono musica ma sballo? E chi sarebbe contento di sapere che qualcuno potrebbe stare con l’orecchio piantato dall’altra parte della cornetta ad ascoltare le “manfrine” con le nostre amanti?

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