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LE INTERVISTE|Mauro Palma. “Direttiva rimpatrio”, l’Europa chiamata a decidere

Mauro Palma, presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti, parla della ”direttiva Rimpatrio”, della carcerazione di 18 mesi nei Cpt e della criminalizzazione degli immigrati.

Articolo scritto da Aneta Carreri (Redattore Sociale)

Un’Europa impaurita e cinica è pronta a calpestare una serie di principi internazionali sui diritti umani con una direttiva  approvata dagli ambasciatori dei 27 stati membri. Si  attende a giorni la decisione del Parlamento europeo  che dovrà pronunciarsi sulla tanto discussa direttiva Rimpatrio.

Tra le norme contestate a destare maggiori critiche è quella che prevede tempi di permanenza nei cpt fino a 18 mesi per tutti i clandestini, minori inclusi. Mauro Palma, presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e dei Trattamenti Inumani e Degradanti, spiega quale china pericolosa l’Ue rischia di prendere: «E’ vero che ogni stato ha la libertà di privare una persona che risulta irregolarmente presente sul suo territorio secondo l’art. 5 della Convenzione europea, detto questo non vanno violati gli altri articoli della Convenzione stessa che prevedono degli obblighi in virtù del cosiddetto Trattato costituzionale dei diritti umani e – precisa Palma – privare una persona della libertà per 6 mesi ed in casi particolari fino a 18 mesi stride con il principio del diritto penale della nostra civiltà giuridica che dovrebbe corrispondere a ciò che uno ha fatto non a un problema relativo il suo status».

In Europa è stata la Germania ad aver adottato per prima i 18 mesi insieme a Polonia, Rep.Ceca, Slovacchia, Malta e Cipro, altri stati come Francia, Spagna e Italia prevedevano un minimo di 30 e un massimo di 60 giorni. I cpt sono veri e propri carceri, luoghi di rabbia e di esclusione dove standard igienici carenti mettono a rischio la salute di vi è rinchiuso, sono ben note le drammatiche condizioni di permanenza dei “disperati” che si aggraveranno ulteriormente a fronte di detenzioni infinitamente più lunghe.

La  recente direttiva è sponsorizzata dai suoi sostenitori come l’unico modo per imporre ad alcuni paesi un tetto massimo al tempo di “carcerazione” a fronte di un periodo di permanenza  illimitato come accade ad esempio in Danimarca. Nel paese scandinavo si registrano casi di persone “ospiti”da oltre dieci anni in un cpt, senza alcuna possibilità di lavorare, integrarsi e mandare i figli a scuola, ma Copenaghen ha già fatto sapere che non adotterà la direttiva.

E’ ingenuo sperare  di risolvere l’emergenza immigrazione attraverso norme che criminalizzano e carcerizzano chi attraversa illegalmente i suoi confini. «L’Europa in tutte le fasi della gestione dei suoi flussi migratori – continua Palma – dovrebbe attuare delle politiche che tutelino i diritti umani: dall’identificazione, alla possibilità di richiedere asilo, alla garanzia degli standard nei centri di accoglienza, alla riduzione dei tempi di detenzione, a come realizzare le procedure di allontanamento e all’ interrogarsi su cosa accadrà alle persone che vengono espulse».

«Le persone che fuggono dal loro paese perché perseguitate per motivi politici, razziali e di altro genere hanno diritto a presentare domanda di asilo – sottolinea Palma – Purtroppo abbiamo riscontrato che molti paesi non forniscono nessun supporto legale in materia. In un nostro rapporto abbiamo denunciato che Cipro non dava alcuna informazione sulla possibilità di asilo limitandosi a  rimpatriare gli immigrati senza  consentirgli alcun accesso alla procedura, e in caso contrario le informazioni relative erano date in lingua cipriota».

Se è indubbio che chi arriva tenta, anche illegittimamente, la carta dell’asilo c’è in senso opposto una tendenza degli stati a che nessuno ne faccia ricorso, in aperta violazione con un altro principio internazionale che è quello di non rimandare indietro persone che potrebbero essere in pericolo nei loro paesi di origine. 

Se la nuova direttiva non sarà modificata dal parlamento anche i minori saranno privati della loro libertà. «Siamo fermamente contrari su questo punto – dichiara Palma – Durante le nostre ispezioni, abbiamo già riscontrato e segnalato la difficile situazione di alcuni minori non accompagnati. Quando l’ autorità non è in condizione di stabilire la loro età precisa scattano accertamenti medici che durano anche 12 mesi, un tempo inaccettabile,durante il quale i minori non solo sono costretti a convivere con adulti ma sono privati della loro libertà».

Una situazione già precaria si trasformerebbe nella regola, in contrasto con la convenzione dell’Onu sui diritti dell’infanzia, che pone la prevalenza dei diritti del minore rispetto  a quella della collettività di essere tutelata sulla sicurezza.

 

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